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BESOS – BIO ENGINEERING SYSTEMS FOR OPEN SOCIETY

Via mouse e tastiere, il computer esegue quello che il corpo gli suggerisce. 

Luigi F. Cerfeda
Besos” è l'acronimo di Bio Engineering Systems for Open Society, a firma di Luigi Francesco Cerfeda, ingegnere biomedico, e nasce con lo scopo di fornire ai makers, ai ricercatori e agli artisti gli strumenti per realizzare sistemi di Natural User Interface (NUI) che permettano di interagire con i dispositivi elettronici di uso quotidiano attraverso i propri segnali bioelettrici in modo semplice ed efficace.



Utilizzando una stampante 3D, Cerfeda ha ideato la parte meccanica del progetto, ossia besosCAP, un caschetto per la disposizione sullo scalpo di elettrodi capaci di acquisire il segnale EEG. «Senza stampanti 3D BESOS CAP non sarebbe stato prodotto e probabilmente neanche “immaginato”», ammette l’ingegnere, con puntigliosa potenza.

Le ragioni?

Qui di seguito l'intervista di Marina Dimattia a Luigi Francesco Cerfeda pubblicata dalla testata divulgazione scientifica Gravità Zero.

-         Quali sono i punti di forza di una interfaccia naturale rispetto ad una interfaccia grafica? Guai di adattamento in vista, in particolare per la generazione degli “anta”?
L'evoluzione tecnologica degli ultimi anni ha permesso una presenza sempre più pervasiva di dispositivi informatici ed elettronici nelle nostre case, auto, luoghi di lavoro, commercio, turismo e praticamente in ogni area delle attività umane. Spesso il controllo di tanti e tali dispositivi risulta difficoltoso.
Nonostante ci sia stato un notevole sviluppo delle interfacce uomo-computer, dalla Command Line Input (CLI), alla Graphical User Interface (GUI), si è ancora ben lontani da poterle definire “naturali”. Sebbene, infatti, la manipolazione diretta degli oggetti digitali (concetto sul quale si basa la GUI) consenta di interagire con un sistema informatico semplicemente adattando gli schemi percettivo/motori che abbiamo già appreso nella vita quotidiana (“drag&drop”), anche questa interfaccia non è naturale in quanto basata su meccanismi di comunicazione (puntare e selezionare) non tipici della comunicazione umana e costringe all'apprendimento dell’utilizzo di nuovi dispositivi (mouse e tastiera).
Il passo successivo nell’evoluzione delle Human-Machine Interfaces (HMI), dunque, è l’interfaccia naturale o NUI (Natural User Interface), completamente “invisibile” all’utilizzatore, in quanto basata su meccanismi di comunicazione naturali tipici degli esseri umani. Ciò significa che l’utente non deve utilizzare dispositivi di comunicazione artificiosi come la tastiera o il mouse, ma può comunicare direttamente con mezzi naturali come la voce, i gesti, i movimenti del corpo,o usare altre manifestazioni fisiologiche come l’attività elettrica muscolare, l’attività elettrica cerebrale, l’attività elettrica cardiaca, ecc.
L'obiettivo di chi si occupa di sviluppare NUI è quello di eliminare ogni tipo di ostacolo nella comunicazione tra uomo e macchina, rispettando i principi di usabilità e accessibilità.  Gli “anta”, essendo meno inclini e predisposti all'utilizzo della tecnologia, hanno bisogno che essa si adatti naturalmente al loro modo di pensare e agire. Proprio loro, quindi, saranno gli utenti ad essere più agevolati dall'utilizzo di un'interfaccia naturale.
-         Qual è stato il valore aggiunto che la stampante 3D ha apportato alla realizzazione della parte meccanica del progetto? (Mi riferisco anche a precisione, risparmio economico etc)
In genere la stampa 3D è utilizzata perché permette la prototipazione rapida di dispositivi tecnologici a costi contenuti e in tempi brevi. Anche nel mio caso è stata molto utile sotto questo punto di vista.
Tuttavia il motivo più rilevante che mi ha portato ad utilizzare le stampanti 3D risiede nel fatto che tale tecnologia dà la possibilità di realizzare dispositivi meccanici estremamente personalizzabili, e nel caso di BESOS questo aspetto è fondamentale.
BESOS CAP, progettato con FreeCAD (un CAD open source, scritto in Python) e stampato in 3D (grazie al supporto tecnologico del FabLab Pisa), è un caschetto per la disposizione sullo scalpo degli elettrodi per l’acquisizione del segnale EEG.
Esso è personalizzabile in base alle misure effettive del cranio dell’utente, a differenza delle comuni “cuffiette” usate fino a questo momento, che hanno delle misure standard e sono comunque molto ingombranti.
In termini tecnici questo garantisce una aderenza ottimale degli elettrodi alla cute e quindi un segnale migliore, aspetto decisivo per un buon funzionamento dell'intero dispositivo BCI (Brain Computer Interface).
-         In assenza della stampante 3D quale dispositivo avrebbe usato per la produzione del caschetto? E con quali differenze?
L'intero progetto BESOS è stata realizzato servendosi interamente di strumenti open source in quanto l'obiettivo ultimo è quello di trasferire elementi di innovazione e di progresso tecnologico alla società servendosi della rivoluzione industriale messa in atto dal mondo dei “makers“ e dell’ Open Source Hardware come catalizzatore per lo sviluppo delle NUI, svincolando questo settore dal ristretto mondo accademico e della ricerca.
Senza stampanti 3D BESOS CAP non sarebbe stato prodotto e probabilmente neanche “immaginato”.
-    Nelle prossime applicazioni della interfaccia, nelle future appendici o evoluzioni della stessa, pensa che potrà ancora esserle utile la stampante 3D?  Ed eventualmente in che termini?
Proprio per quanto detto precedentemente, l'utilizzo delle stampanti 3D è cruciale in quanto elemento cardine della Vision aziendale.  C’è una opinione diffusa, e io la condivido, che l’Open Hardware possa essere la “Next Big Thing” del prossimo decennio. Secondo i sostenitori del movimento questo tipo di filosofia può contribuire ad abbattere i costi di ricerca sviluppo e velocizzare i processi di innovazione delle imprese, e quindi del settore in cui esse operano. BESOS vuole trasferire l'energia e l'entusiasmo dei “Makers” nel campo della bioingegneria. Per questo motivo le stampanti 3D verranno usate massivamente sia per la realizzazione di prodotti commerciali che a scopo divulgativo: dai “case” per le schede elettroniche che costituiscono il “cervello” delle NUI ad altri tipi di supporto per gli elettrodi (magari bracciali per l'EMG o occhiali per l'EOG), a elementi meccanici di robot bioispirati o a parti di protesi o tutor per gli arti.
Marina Dimattia
Fonti e approfondimenti: zoo3d.itblog.Zoo3d.it 

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