PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 4.0: COME SIAMO MESSI?
Negli ultimi mesi si è parlato spesso di Lavoro 4.0 nelle sue più varie forme: Industria 4.0, Pubblica Amministrazione 4.0, robotica, sistemi integrati… Ma la PA, che dovrebbe essere la prima a dare il buon esempio digitalizzandosi e migliorando le procedure, sfruttando le tecnologie per snellire i servizi e migliorare la produttività, sta davvero facendo tutto ciò?
Nonostante la spesa per la digitalizzazione sia al livello dei Paesi più avanzati, tutte le agenzie più qualificate tutti gli anni posizionano il Bel Paese agli ultimi posti delle classifiche. Nonostante gli investimenti fatti, il pessimo livello di digitalizzazione va a influire negativamente sui servizi e, di conseguenza, su come i cittadini si relazionano con i servizi. Uno degli aspetti principali che influisce su questo pessimo risultato di digitalizzazione è la frammentazione del sistema digitale italiano, che porta ad avere 160.000 basi dati, 200.000 applicazioni, 11.000 data center e 50.000 fornitori. Numeri enormi, che rendono ancora più elefantiaca la burocrazia della Pubblica Amministrazione, piuttosto che snellirla.
Un altro problema causato dall’elevata frammentazione italiana sul digitale è quello di rendere estremamente lunghi e costosi i percorsi di digitalizzazione di portata nazionale, se addirittura non li impediscono, rendendo tutto il sistema arretrato, specialmente per quanto riguarda le innovazioni che richiedono elevate competenze gestionali. La frammentazione causa anche altri problemi: accentua la scarsità di competenze sui processi e sul disegno di soluzioni; fa crescere il grado di eterogeneità delle soluzioni; impedisce l’integrazione e la standardizzazione; rende inadeguati i livelli di servizio (continuità, UX, data quality, sicurezza, supporto utente, …); abbatte la produttività delle funzioni e delle risorse. Titti fattori che peggiorano il servizio offerto dalla Pa e non consentono di sfruttare appieno le potenzialità del digitale.
Per migliorare la situazione, è necessario che prima di tutto enti con scopi e finalità simili lavorino tutti con le stesse procedure, in modo da risolvere i problemi a monte, per poi andare a cascata su tutta la filiera legata al digitale. Centralizzare gli acquisti senza aver prima ottenuto una uniformità di procedure e servizi richiesti rischia solo di aumentare i costi, senza aumentare i vantaggi della digitalizzazione. È quindi necessario che la politica, più che sul creare norme per l’uso della tecnologia nel digitale, si occupi delle procedure interne alla PA stessa. Una vera e propria riforma di questo tipo porterebbe vantaggi allo stato e ai cittadini, e consentirebbe di superare la frammentazione, andando a creare una struttura digitale finalmente funzionale e funzionante.
Nonostante la spesa per la digitalizzazione sia al livello dei Paesi più avanzati, tutte le agenzie più qualificate tutti gli anni posizionano il Bel Paese agli ultimi posti delle classifiche. Nonostante gli investimenti fatti, il pessimo livello di digitalizzazione va a influire negativamente sui servizi e, di conseguenza, su come i cittadini si relazionano con i servizi. Uno degli aspetti principali che influisce su questo pessimo risultato di digitalizzazione è la frammentazione del sistema digitale italiano, che porta ad avere 160.000 basi dati, 200.000 applicazioni, 11.000 data center e 50.000 fornitori. Numeri enormi, che rendono ancora più elefantiaca la burocrazia della Pubblica Amministrazione, piuttosto che snellirla.
Un altro problema causato dall’elevata frammentazione italiana sul digitale è quello di rendere estremamente lunghi e costosi i percorsi di digitalizzazione di portata nazionale, se addirittura non li impediscono, rendendo tutto il sistema arretrato, specialmente per quanto riguarda le innovazioni che richiedono elevate competenze gestionali. La frammentazione causa anche altri problemi: accentua la scarsità di competenze sui processi e sul disegno di soluzioni; fa crescere il grado di eterogeneità delle soluzioni; impedisce l’integrazione e la standardizzazione; rende inadeguati i livelli di servizio (continuità, UX, data quality, sicurezza, supporto utente, …); abbatte la produttività delle funzioni e delle risorse. Titti fattori che peggiorano il servizio offerto dalla Pa e non consentono di sfruttare appieno le potenzialità del digitale.
Per migliorare la situazione, è necessario che prima di tutto enti con scopi e finalità simili lavorino tutti con le stesse procedure, in modo da risolvere i problemi a monte, per poi andare a cascata su tutta la filiera legata al digitale. Centralizzare gli acquisti senza aver prima ottenuto una uniformità di procedure e servizi richiesti rischia solo di aumentare i costi, senza aumentare i vantaggi della digitalizzazione. È quindi necessario che la politica, più che sul creare norme per l’uso della tecnologia nel digitale, si occupi delle procedure interne alla PA stessa. Una vera e propria riforma di questo tipo porterebbe vantaggi allo stato e ai cittadini, e consentirebbe di superare la frammentazione, andando a creare una struttura digitale finalmente funzionale e funzionante.
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